di José Manuel Fajardo, ed. Guanda
Il bello del cucinare è che la testa rimane sgombra, come una ruota di bicicletta libera dalla catena, che gira e rigira a suo capriccio, fa riaffiorare ricordi qualsiasi, ogni idea trova il suo spazio. Le mani mescolano e rimescolano e io non sono più qui, sono da qualsiasi altra parte. L’importante è lasciarsi andare e avere fiducia nelle mani e nella bocca, assaggiare tutto, gustarlo, come la vita. Per non perdere il punto.
Omar vive a Parigi e lavora come cuoco al ristorante-cabaret Arc-en-ciel. Il narratore del libro è proprio lui, che racconta la sua vita attuale a Parigi, tra il lavoro e l’amore per la ballerina Marina e intanto ricorda il suo passato. Dall’infanzia in Spagna, a Gijòn, alle avventure messicane legate alla sua esperienza come marinaio, fino al presente parigino, tutti i momenti hanno un nesso con il cibo e la cucina, vividi co-protagonisti del romanzo. La ricerca del sapore perfetto è la chiave per leggere il filo dei ricordi. In quel sapore si potrebbe trovare la vera felicità.
Un libro godibile, il racconto di una vita avventurosa, apparentemente venata da un filo di tristezza anche se è sempre presente la consapevolezza che basta un attimo (anche legato alla cucina) per sentirsi in armonia con il mondo.
Simpatiche le appendici del libro, contenenti il menu e le musiche dell’Arc-en-ciel (con un bolero scritto dallo stesso Fajardo) e la lista dei ristoranti e caffè più amati dall’autore in giro per il mondo (Italia compresa).