Quando si viaggia capita di dover fare piccoli (o enormi, dipende dai punti di vista) sacrifici. D’altra parte, se si vuole conoscere, a volte bisogna soffrire. Questo per dire che alzarmi prima dell’alba, in una mattinata molto umida e molto piovosa e farmi un’oretta di metropolitana per andare a vedere un mercato del pesce in quel momento non era l’idea più attraente del mondo. Ma poi ho deciso che ne valeva la pena, perché quello era IL Mercato del Pesce, Tsukiji.
Se una volta entrati alla Boqueria, a Barcellona, potete avere la sensazione di essere turisti che visitano un bel mercato, ricco di colori, profumi e magia, arrivando a Tsukiji vi potrà sembrare di essere lì a lavorare, anche voi come gli altri. È un vero, immenso, grigio e frenetico mercato del pesce. Non c’è la magia della vacanza, c’è gente che sta lavorando duramente. Sono lì dalle 3 del mattino, quindi si sono alzati molto prima di voi. Voi siete frastornati e addormentati. E loro sono dotati di carrelli velocissimi, progettati per uccidervi. Non è un mercato, è un videogame.
Quindi, se riuscite a entrare vivi, vi troverete finalmente nella magia del mercato. Mentre siete lì a riempirvi gli occhi di bestie che non avete mai visto in vita vostra, vi renderete conto di alcune cose. Primo: state dando fastidio. Sempre e comunque. Gli spazi sono angusti e voi siete occidentali pachidermici e rimbambiti. Loro lavorano, voi siete in visita. Secondo: è l’unico posto in cui vedrete altri turisti occidentali. Per il resto, verranno inghiottiti dalla città. Terzo: quel posto è enorme e pieno di pesce. Crudo, cotto, essiccato, laccato, affumicato. Chiudete gli occhi per un attimo: non c’è odore. Nella città in cui abito, in centro, c’è una pescheria la cui puzza si sente nel raggio di 100 metri (e mi tengo stretta). La qualità del pesce che trovate a Tsukiji è sopra ogni vostra immaginazione. Quel pesce non è fresco, è appena nato.
Una volta superato l’imbarazzo per quanto fastidiosi siete in quel momento, prendete coraggio e andate in giro. Infilatevi nei piccoli corridoi traboccanti di cassette e guardate. Riempitevi occhi e macchina fotografica di quella miriade di esseri marini. L’unica raccomandazione è di stare davvero attenti a quei carrelli perché vi possono schiacciare come mosche (sembra un’esagerazione, ma sono la cosa più pericolosa che ho visto a Tokyo). Vi capiterà di vedere tonni di tutte le dimensioni, anguille vive e poi cotte alla griglia e laccate, ogni genere di mollusco, oloturie vive e alghe di ogni tipo. E poi guardate i volti di chi lavora: è una Tokyo ben diversa da quella degli impiegati e delle signorine ben vestite di Ginza.
Sono le 7 (a voler esagerare), piove e siete appena usciti da un gelido mercato. Vorreste un bel caffè caldo? Auguri, siamo in Giappone ed è la vostra unica occasione per mangiarvi un sushi come si deve. Quindi cercate l’insegna (è anche in caratteri latini) del Daiwa Sushi, mettetevi in coda – c’è sempre la coda – e aspettatevi un pesce che si scioglie in bocca. L’esperienza è un po’ frenetica e l’atteggiamento dei gestori leggermente marziale (hanno pochi posti e devono servire tutti in fretta), ma alla fine sarete ampiamente soddisfatti. Nello stesso vicolo, vicino al Daiwa Sushi, c’è un gentile e abile venditore di coltelli. Se vi interessa portare nella vostra cucina un utile ricordo, questo è il posto giusto.
Se vi capita di andare a Tokyo, dovete passare obbligatoriamente per Tsukiji, un luogo che non dimenticherete mai.
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