L’azienda della famiglia Matrot è uno di quei domaine che fanno qualità senza grandi esposizioni mediatiche o proclami e che proprio per questo in questi ultimi anni sono stati forse un po’ sottovalutati dalla critica. Tanti piccoli vigneti, per un totale di una ventina di ettari, e ben diciassette etichette, nella più classica tradizione borgognona (Adèle Matrot sente quasi il bisogno di giustificarsi quando ci spiega che realizzano un solo Meursault Blanc Village unendo undici parcelle – per 5 ettari complessivi – per evitare troppe etichette e realizzare un Meursault rappresentativo della denominazione!), per un totale di 80.000 bottiglie.
A conduzione biologica da più di un decennio ma senza certificazioni, un altro dei motivi della poca considerazione riservata al Domaine Matrot è forse anche l’essere stati in questi anni un po’ in controtendenza: Premier cru e Village non fanno legno nuovo – solo legni da 1 a 5 anni di età – che viene utilizzato al contrario sul Bourgogne Chardonnay proprio per usare le barrique, e poco batonnage, per evitare un eccesso di estrazione.
Adèle, la quinta generazione a lavorare in azienda, ci ha confermato questa sorta di “inattualità” della maison: tradizionalmente Matrot ha sempre fatto vini votati all’invecchiamento e loro hanno mantenuto questa predisposizione, tanto che in cantina hanno una serie di vecchie annate da vendere, in particolare alla ristorazione, in Giappone e in Nord Europa, dove i bianchi invecchiati sono particolarmente apprezzati. Più che la ricchezza, di cui comunque i loro vini sono sempre piuttosto dotati, oggi ricercano la tensione e la finezza. Per lei il discorso è molto semplice: una bottiglia deve poter essere bevuta da due persone e se resta troppo a lungo sulla tavola c’è qualcosa che non va.
Anche qui l’annata 2012 ha lasciato dei segni profondi. Tutto quello che poteva capitare è successo: prima l’oidio, poi la grandine, con tre grandinate che hanno colpito tutti i vigneti del domaine nelle varie posizioni e denominazioni (e ne hanno 14!), una cosa mai accaduta prima, infine il marciume. Al Chalumeaux, una vecchia vigna dove di solito producono 40 hl/ha, quest’anno ne hanno prodotti 6. L’azienda ha subito una perdita del 70%. Tenendo conto che già nel 2011 c’era stata una perdita del 35% rispetto agli standard, come del resto nel 2010, in tre anni hanno perso più di un anno di produzione!!
Tutti i vini degustati sono del 2011, imbottigliati solo poche settimane prima dell’assaggio.
Bourgogne Chardonnay ‘11
Maturato in parte in barrique nuove, in parte in acciaio, al naso è piacevole e floreale, mentre il palato è sapido, teso e brillante. Un bel “base” da aperitivo, presentato in bottiglie con tappo a vite. L’anno scorso hanno avuto una partita di 2000 tappi che non teneva bene, e hanno deciso di riaprire tutte le 2000 bottiglie e buttare quelle che non andavano bene.
- Valutazione:
Meursault ‘11
Da 5 ettari suddivisi in 11 parcelle. Il naso è poco espresso, ma è stato imbottigliato appena due mesi fa. Il palato è teso, quasi tagliente ma di bella materia e polpa. La sensazione è che a berlo tra qualche mese dovrebbe dare non poche soddisfazioni.
- Valutazione:
Meursault-Blagny 1er cru ‘11
Da un terreno molto minerale e che ha bisogno di un po’ di ossigeno, tanto che loro il Blagny lo caraffano praticamente sempre prima di servirlo, anche quelli giovani. Naso molto ridotto, ma da cui escono comunque note minerali, al palato risulta quasi gessoso per quanto è minerale, ma senza essere austero, anzi con splendide note di frutta a polpa bianca e una tensione e lunghezza davvero esemplari. Un salto di qualità rispetto al Village che rispetta in pieno le gerarchie.
- Valutazione:
Meursault-Charmes 1er cru ‘11
Proviene da tre differenti parcelle, situate a tre livelli differenti (in basso, al centro e nella parte alta della denominazione), così da ottenere uno Charmes davvero rappresentativo del cru. Vino ampio ma non troppo ricco, certo con più polpa e larghezza del Blagny, senza però perdere troppo in freschezza e mineralità. In questo momento tuttavia è più contratto e indietro del Blagny, e quindi risulta anche meno affascinante. Da attendere per apprezzarlo meglio.
- Valutazione:
Puligny-Montrachet 1er cru Les Chalumeaux ‘11
Naso ancora ben chiuso ma tutto sul frutto, come il palato, che si dimostra di buona tensione, fine e grintoso insieme.
- Valutazione:
Maranges Rouge ‘11
Primo anno di produzione per questa denominazione, visto che hanno comprato il vigneto l’anno scorso. Completamente diraspato e senza alcun pigeage, ha note di frutti di bosco e un palato piacevole, pulito, di buon frutto ma anche fresco, con un finale di notevole tensione e leggermente minerale. Un vino fragrante e gourmand, da “déjeuner sur l’herbe” (o “pranzo al sacco” che dir si voglia).
- Valutazione:
Auxey-duresses Rouge ‘11
Naso fine, fruttato, di bella freschezza e complessità, seguito purtroppo da un palato ancora molto contratto anche se comunque di buona freschezza. Una valutazione sulla fiducia.
- Valutazione:
Volnay Santenots 1er cru ‘11
Naso e palato ancora molto chiusi, anche se dopo un po’ nel bicchiere emergono note minerali e di frutti rossi freschi, nitide e precise, con una bella tensione finale. Anche questo da attendere.
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